
Perché abbiamo deciso di stampare il logo di Trame di Quartiere sui nostri Regali Solidali? (scoprili su https://www.tramediquartiere.org/regalisolidali/ )
Se abbiamo scelto proprio questa immagine non è solo per farla circolare e farci conoscere,
ma soprattutto perché crediamo che una vostra donazione significhi sposare il nostro progetto, diventare nostro partner e contribuire alle nostre sfide.
Ci sembra quindi giusto raccontarvi la storia del nostro logo e condividere con voi il significato sotteso a un disegno che per noi rappresenta un punto di partenza!
Il logo nasce nel 2015, in occasione della costituzione di Trame di Quartiere come Associazione di Promozione Sociale, a seguito della vincita del bando “BOOM! Polmoni Urbani”. Il nostro partner per la realizzazione della grafica è stato +ADD DESIGN. Insieme abbiamo disegnato delle bozze, focalizzandoci inizialmente sulla parola trame, utilizzando stoffa e fili di lana, ma alla fine, dopo una lunga fase di brainstorming tra gli storici membri del Comitato Cittadini Attivi San Berillo (embrione della futura associazione), è sembrato più forte lavorare sul concetto di sedia.
Al di là dell’oggetto posizionato nelle vie, che in un certo senso mette insieme la storia, la realtà e la prospettiva, la sedia ci ha accompagnati sin dal 2011, quando avvenne il primo incontro del Comitato, chiamato appunto “portati una sedia”. In tale occasione ogni partecipante arrivò da casa con una sedia e ci sedemmo in cerchio, per strada, proprio come storicamente avviene nei quartieri popolari.
Un tempo la sedia era anche uno dei beni che più si produceva a San Berillo, in maniera artigianale, all’interno di piccole falegnamerie. Il signor Nino, uno degli ultimi abitanti a lavorare in questo settore, ha raccontato spesso l’interessante processo di produzione della sedia, dal quale emerge anche un po’ il senso di tristezza e di malinconia che lui prova nel ricordare un’epoca che non esiste più. Una volta pronte, le sedie venivano esposte davanti alla porta, in attesa dei passanti che le avrebbero poi scelte e acquistate.
Questo si ricollega al fatto che il quartiere non ha e non aveva grandi spazi pubblici, quindi la strada, i vicoli e i cortili rappresentavano non solo i luoghi dell’economia ma anche quelli della vita sociale. Tutto ciò era possibile attraverso l’uso della sedia, perché ci si portava la sedia da casa per incontrare il vicino, scambiare delle chiacchiere, mangiare insieme. Un’usanza che accomuna gli antichi abitanti anche alla comunità dei senegalesi che vivono in quartiere da circa 30 anni e che utilizzano la strada come luogo di incontro.
Inoltre, la sedia è l’oggetto-simbolo anche della comunità de* sex workers, che la utilizza non solo per stare nello spazio pubblico, quindi in strada, ma anche per dare un segnale, indicare la propria presenza, mettersi in vetrina. Fuori dai bassi dove lavorano, infatti, solitamente c’è una sedia. Quando la sedia è vuota e la porta è chiusa vuol dire che la prostituta sta lavorando ma c’è. Raramente si vede qualcuno seduto, ma la sedia rappresenta comunque un elemento di presenza. “Ci sono”, “Abito qui”, “Lavoro qui”.
Abbiamo fatto nostro questo strumento anche dopo la creazione del logo, tanto che ogni mattina – prima che iniziassero i lavori di ristrutturazione nell’ambito del progetto SottoSopra – veniva posizionata una sedia davanti alla porta di Palazzo De Gaetani a simboleggiare che la nostra piccola caffetteria era aperta. Anche da lontano, la gente che non riusciva a vedere la porta vedeva la sedia, quindi c’era qualcuno dentro.
Nessun dubbio, quindi, sulla scelta della sedia. Solo successivamente, nello sviluppo del disegno, l’abbiamo intrecciata ai fili, ai punti, alle interconnessioni e agli spazi che creano, per chiarire definitivamente come la sedia sia il frutto di tutte le relazioni che il quartiere offre. La sedia emerge come oggetto-strumento importante per comunicare la presenza in un luogo. C’è qualcuno a San Berillo. Ci sediamo a San Berillo e ci incontriamo per discutere. Nonostante ci siano degli spazi abbandonati qualcuno c’è. Per capirlo, basta saper guardare oltre le sedie che si affacciano in strada.