Siamo un gruppo di lavoro molto eterogeneo e variegato: abbiamo la fortuna di essere dotati di un pizzico di tante competenze. Un pizzico di ingegnere, un pizzico di guida turistica, un pizzico di architetto, un pizzico di letterato, un pizzico di regista, un pizzico di curatore, un pizzico di educatore, un pizzico di rappresentante, un pizzico di DJ, un pizzico di attore, un pizzico di urbanista, un pizzico di fotografo, un pizzico di scrittore e curiosità quanto basta.
Per mantenerci curiosi cerchiamo di assorbire quanto più possibile e trasformare tutto quello che assorbiamo affinché anche altri si possano incuriosire.
Ci interessano la storia, l’arte e il giornalismo, ci interessa pensare globalmente e agire localmente. Ci piace passeggiare, osservare, ascoltare, condividere, ci interessano gli sguardi e le opinioni diverse, soprattutto ci interessa il diverso. Ci affascina quando tante persone diverse stanno sedute vicine a guardare lo stesso film. Ci piacciono i fatti, belli o brutti, perché ognuno di essi costituisce occasione di apprendimento, ci piace l’immaginazione, soprattutto ci piace Catania e ci piace San Berillo.
Mettiamo in pratica tutto questo portando avanti diverse attività: passeggiate di quartiere con itinerari destinati alla cittadinanza e soprattutto agli studenti; un’esposizione permanente in continuo mutamento sulle trasformazioni della città; cicli di proiezioni e rassegne cinematografiche; altri eventi collaterali quali mostre fotografiche, presentazioni di libri, spettacoli teatrali e iniziative culinarie interculturali.
Il nostro obiettivo è valorizzare la relazione tra patrimonio materiale e immateriale del luogo in cui viviamo, raccontandolo con linguaggi innovativi che mettano al centro l’interazione tra gli individui e il territorio stesso. Promuoviamo il coinvolgimento degli abitanti del quartiere in attività culturali e forniamo alla comunità strumenti sempre nuovi per sviluppare una cittadinanza più consapevole e attiva nel quotidiano, attraverso le attività di formazione.
Vorremmo che chi ci circonda si sentisse parte di noi quanto noi ci sentiamo parte di loro, e vorremmo che tutto questo fosse economicamente sostenibile.
Utopia? Forse. O forse no.